I canti sardi sono da considerarsi fra i più straordinari esempi di polifonia del Mediterraneo, per complessità, ricchezza timbrica e forza espressiva; le loro peculiarità ne fanno una realtà propriamente isolana, che non ha eguali nel resto del mondo.

Le loro origini sono arcaiche, come la loro funzione sociale di aggregazione e rafforzamento dei legami all’interno della comunità. Sono gli stessi interpreti di queste forme di canto ad accreditare l’ipotesi che essi trovino il loro nucleo originario nell’ imitazione dei suoni della natura, gli unici suoni che il pastore, nei lunghi mesi di solitudine nei pascoli lontano dal paese, poteva ascoltare e analizzare fino al più impercettibile dettaglio.

Soprattutto le vibrazioni e i timbri prodotti dai greggi di pecore sembrano ispirare il forte e caratteristico aspetto gutturale di questi canti; un elemento originario, che poi evolve in una rara raffinatezza fatta di melismi, complesse ritmiche ed emozionanti modulazioni.

Il Canto Corale Polivocale

Diretto discendente del canto “A Tenores”, è il canto Corale Polivocale. Esso infatti nasce grazie a una particolare evoluzione che gli schemi musicali del Tenores hanno subito dopo l’introduzione in Sardegna del Canto Gregoriano da parte della Chiesa.

I canti appartenenti alla liturgia cristiana, che inizialmente venivano eseguiti con un’unica voce (secondo lo schema tipico del gregoriano), col tempo iniziarono ad essere interpretati con più voci, dove i fedeli anche se in maniera consonante, cantavano utilizzando note appropriate alla loro estensione vocale.

Particolare importanza hanno assunto le confraternite che, nel corso degli anni, hanno creato i canti della Settimana Santa legati alle funzioni della Passione di Cristo.

Si può quindi affermare che il canto corale polivocale è il risultato della fusione tra i canti a Tenores e i canti liturgici. La normale evoluzione che questo tipo di canto ha subito nel corso degli anni, ha portato i repertori ad essere arricchiti oltre che da testi prettamente dedicati alle celebrazioni religiose, anche da canti che raccontano la vita di tutti i giorni dei sardi.

Grazie a queste caratteristiche e alla immensa possibilità di repertorio, i cori polivocali di oggi possono essere ascoltati sia nelle sagre e feste paesane che all’interno delle chiese, quando vengono chiamati per dare un tocco di solennità a particolari cerimonie religiose (Funzioni della Settimana Santa o Natalizie, Matrimoni, ricorrenze patronali…).Al contrario del gruppo a Tenores, il Coro Polivocale non ha regole fisse per quanto concerne il numero dei coristi; quelli attualmente esistenti sono generalmente composti da un numero che varia tra i 15 e i 30 elementi (solo maschili).

A prescindere dal numero di elementi che compongono il gruppo, i coristi sono suddivisi in quattro sezioni chiamate:

- Prima - (Tenori Primi)

- Segunda - (Tenori Secondi)

- Contra - (Baritoni)

- Basciu - (Bassi)

Citazione a parte meritano i cori della Gallura (area geografica che comprende il nord, nord-est della Sardegna), e in particolare quelli di Tempio Pausania e Aggius (SS).

Il canto espresso da queste formazioni, definito “A Tasgia”, ha due particolarità:

la prima, quella di essere completato da una voce molto acuta chiamata “Lu Falzittu” che, rispetto al basso, esegue la quindicesima o doppia ottava; la seconda, che la melodia si muove su un modulo musicale ben definito, ma ogni componente della corale può muoversi liberamente all’interno dell’accordo, lasciandosi guidare dall’estro personale e dallo spirito di improvvisazione (praticamente in maniera similare a quanto accade nel mondo del jazz).